venerdì 21 settembre 2018

ora di punta

[n.28]
La settimana seguente notai un altro suo strano comportamento.
Ricordo che il giorno dopo il nostro ultimo incontro lo cercai per tutta la mattina perchè mi servivano alcuni file per dei piccoli lavori al pc, e sapevo che poteva darmeli soltanto lui; ma non mi rispondeva al telefono, ne su WhatsApp ne alle classiche telefonate; al che, a ora di pranzo, decisi di andare a colpo sicuro, e andai a casa sua. Sua madre mi disse che non era ancora rientrato a casa e che già il giorno prima si era ritirato più tardi perchè tanto il loro pranzo non iniziava prima delle 14. Fu infatti per quell'ora che mi rispose in effetti, mi diede ciò che mi serviva ma non mi disse dove era stato...
La mia curiosità si fece forte col passare delle ore, e decisi che dal giorno dopo lo avrei in qualche modo pedinato, anche a quell'ora del giorno, per cercare di capire se questa sua ennesima stranezza potesse avere qualche collegamento con la storia di cui mi stavo occupando.
L'indomani, con buona pace di mia mamma, dissi che avrei ritardato a pranzo, e andai a cercarlo; la sua auto era parcheggiata dove di solito la parcheggia la sera; lasciai la mia in zona e salì i gradini che portano alla villa comunale, e senza farmi vedere cercai di scovarlo da qualche parte; bingo!! era seduto su una panchina col suo block notes, scriveva. Rimasi lì fino a che arrivarono i ragazzi che tornavano dalla scuola al che, con la scusa di accompagnare alcuni di loro che abitavano vicino casa mia, dovetti andarmene; ma notai che anche lui si alzò e cominciò a far strada verso la macchina.
Lì per lì pensai che il suo era un modo come un altro per ammazzare il tempo e scrivere qualcosa, ma non riuscivo a capire il perchè lo facesse fuori, a quell'ora e non a casa. Il giorno dopo e per tutta la restante parte della settimana, continuai questa mia indagine: lo trovai sempre lì, a quell'ora, e alcuni giorni anche senza il suo inseparabile block notes e stava lì fino a quando arrivava il bus che riportava al paese i ragazzi che andavano a scuola; dopo di chè, si alzava, e andava via.
In quell'ultimo pezzo che mi fece leggere, parlava della scuola che ri-iniziava, e probabilmente la famosa ragazza misteriosa era lì che dovevo trovarla; la stranezza era però che ogni volta che scendevano i ragazzi dal bus, lui non aveva nessun contatto con nessuno: nessuna parola, nessun saluto, nessuno sguardo.
Il sabato mi feci trovare appoggiato alla sua macchina:
* e tu che ci fai qui?!?!
# aspettavo te...tu e tuoi comportamenti strani, tu e i tuoi orari strani...
* ma perchè secondo te è tutto strano?? la normalità è soggettiva...
# si ok, va bene...ascolta, è una settimana che faccio mezze liti con mia mamma dato che le faccio slittare l'ora di pranzo, e lo sto facendo per vedere cosa cavolo fai a quest'ora, per vedere perchè ti ritiri sempre in questi minuti...non sei stato qui a scrivere tutti i giorni...ho pensato, con tutta sincerità, che aspettassi l'autobus per salutare la "tua ragazza misteriosa"...e in fondo un po ci speravo, ma anche stavolta mi sa che non ho concluso nulla...
* sarebbe stato molto facile così...
e se ti dicessi che ogni giorno la aspetto perchè proprio a quell'ora passa da lì perchè va a comprare qualcosa, come se avessimo un tacito accordo su questo, soltanto per vederci un attimo???
e se ti dicessi che è solo una questione di orario, che il mio non far nulla in quel momento della giornata mi porta ad ammazzare un po di tempo cercando di vivere il centro del mio paesino nell'unico momento post estivo in cui sentire tante voci di persone??
e se ti dicessi che hai ragione, che aspetto ogni giorno che scenda dal bus solo per vederla???
e se ti dicessi che l'ho sempre fatto, perchè è l'orario in cui resto a discutere al bar col proprietario dei fatti nostri e del nostro paese, e nonostante il bar è chiuso per ferie io non perdo l'abitudine di stare lì in zona???
e se ti dicessi che in fondo non ti ho voluto rispondere al telefono perchè speravo in questa tua scelta, poi appena ti ho visto a curiosare ho deciso di continuare???
e se ti dicessi che non c'è nessuna ragazza misteriosa, e che è tutta un'invenzione???
e se ti dicessi che...
# talè non dirmi più nulla...a momenti se continuiamo qui va a finire che resto morto di fame anzi, piuttosto mi cucini tu...non lo so, ho la mia convinzione: nessuna casualità, nessuna voglia di prendermi in giro, tu un motivo valido ce l'hai, e il motivo ha un nome e un cognome ... il piccolo problema di fondo è che non ho la minima idea di quali siano... ci vediamo stasera va...
Rientrai a mani vuote, come al solito, e vuoto mi rimase anche a stomaco; bel guadagno...

martedì 11 settembre 2018

gioielli, gioie e matrioske

[n.27]
Era il 10 Settembre, l'estate al paesino era ormai finita, l'ultima festa era trascorsa e già per alcuni ragazzi era cominciata la scuola. Lui e altri ragazzi della comitiva si erano fatti una bella settimana di vacanza lontano da qui, ed erano tornati soltanto da un paio di giorni. So che aspettava una vacanza del genere da un paio di anni, ma per tanti motivi non gli era stato possibile esaudire questo desiderio; tant'è che non si era fatto sentire in quei giorni, ma lo immaginavo che volesse tenersi lontano da tutto ciò che lo aveva tenuto qui, da ormai molto tempo. Quel lunedì sera, mentre passeggiavamo in una piazza ormai quasi deserta, mi chiese di fargli compagnìa per la solita sigaretta, ma non lì, bensì alla fonte d'acqua nella parte bassa del paese; mi convinse dicendomi che mi avrebbe dovuto dare un qualcosa che mi aveva portato dalla Puglia ma che non voleva farlo in mezzo agli altri perchè agli altri non aveva portato un bel nulla. Accettai e andammo. Arrivati la, mi diede una busta e mi disse: "dentro ci sono un foglio e un pacchettino, mi raccomando prima occupati del foglio".
Io, ad essere sincero, immaginai si trattasse della soluzione al mio caso, finalmente. Cercai di fregare la soddisfazione tanto immaginata e l'attesa rallentando i movimenti e i tempi in generale; mi sedetti sul muretto che sovrasta la fonte e nel frattempo lui si venne a posizionare accanto a me; si accese la solita sigaretta, e senza dire parola, mi fece cenno di aprire la busta e poi di leggere ciò che c'era scritto sul foglio:
"Sai, è vero che da tempo avevo scritto il capitolo 27, quello che poi alla fine sarebbe dovuto essere l'ultimo, la chiusura di quel mio famoso racconto. E l'avevo fatto perchè pensavo che per forza di cosa si sarebbe giunti ad una fine; nessun pessimismo ma tanto tanto realismo. I nostri mondi sono diversi pur appartenendo alla stessa galassia, le nostre strade parallele e vicinissime, in alcuni casi separate solo da un muro di siepi, basse ma pur sempre presenti e separatrici, e non credo arriverà mai qualche ingegnere a creare anche una piccola stradina, una "vanedda" che possa congiungerle, anche solo per un paio di metri, o per un attimo. L'ho sempre pensato, lo pensavo prima di cominciare a scrivere e probabilmente lo penso anche adesso...senza probabilmente. Però poi, col passare del tempo, col passare delle volte in cui mi è stata accanto, col passare delle volte in cui l'ho ritrovata nella mia testa, seduta su una sedia dondolo, messa lì a fissarmi in un profondo silenzio con quegli occhi indecifrabili che mi urlavano di osservarla per dirle "stai benissimo così", col passare delle volte in cui mi è mancato rivederla, col passare di tante cose ho scelto di cestinare quel 27° capitolo, prematuro e forse troppo reale. "E adesso?" mi chiederai. Potrei inventarmi qualcosa per fare lo scrittore figo, pomposo, fantasioso, però a dirti la verità non ho idea di cosa mettere nel 27 e non ho idea di come continuare la storia, ma ho una voglia matta di continuarla. La spinta definitiva a farmi scegliere di non fermarmi l'ho avuta in questa settimana che sono stato lontano da casa. Quando sei in mezzo ad un mare di estranei, quando senti un dialetto non tuo, quando senti storie paranoiche anche da perfetti sconosciuti, quando sei solo seduto faccia a faccia col sole al tramonto e col culo bagnato dall'acqua salata, ti rendi conto subito, immediatamente, di cosa ti manca. E tra le 3 o 4 persone che mi mancava sentire, osservare e rivedere anche solo per un attimo, una era lei. E allora ho detto "Tò, perchè devi mettere un punto? sono due strade che non hanno contatto ma sono pur sempre vicinissime, basta girarti e vedere di là, e allora perchè devi svoltare a destra, allontanarti e finire?? Perchè non lasci decidere al caso quando sarà il momento di scrivere l'ultimo capitolo?? perchè non smetti per un attimo di usare la testa e agisci senza seguire ragionamenti pseudo-logici???" questi giorni di lontananza mi sono serviti a capire e riordinare tante cose, in parte a riordinarmi, in parte a capire che crescere ha qualche lato negativo e che non è il momento di continuare a fare il cresciuto della situazione. Tornare a vivere momenti senza pensare a come sarà il dopo, questo mi ha fatto paradossalmente un po riaprire la mente, nel senso che l'ho riaperta mettendola però da parte, in angolo, muta e impotente. E allora si che lo continuo il racconto. Si che continuo a cercare il momento per scambiare anche solo quelle 2 parole con quella voce che tanto mi fa bene; si che continuo a cercare di scoprire i vari pezzi di quella meravigliosa matrioska, dalla "madre" che già immagino di conoscere bene, fino, mi auguro, al "seme", e semmai il caso, un giorno a sorpresa, metterà una barriera alla mia strada costringendomi a svoltare e cambiare direzione, pazienza, vuol dire che nel libro della mia vita l'ultimo capitolo doveva nascere in quel modo; non devo essere certo io a mettere una fine: non lascio mai lì un piatto di patatine fritte ancora pieno, lo lascio solo se per caso mi cade a terra o se poi, ad un certo punto, finiscono. Si che la continuo questa storia; sarà un pelino più difficile e richiederà forse più tempo di quanto ne è già trascorso, perchè le circostanze mi impediranno di poter essere tanto realista: non è più estate, e non potrò averla a disposizione così tante volte; nessuna nottata, ora ci si sveglia presto, la scuola incombe...in pratica sarà come se dovessi farle un ritratto senza però trovarmela sempre lì accanto, seduta di 3quarti. Quindi amico mio, mi dispiace per te, ma non posso svelarti il mistero; e ahimè, il 27 che è il numero più ricorrente in questi ultimi miei anni non sarà più il capitolo finale, magari proverò a renderlo il più bello della storia. Con molta probabilità in quel capitolo racconterò della gioia, quella che ho visto nei suoi occhi quando l'ho rivista accanto a me appena dopo il mio ritorno a casa. Si, caro mio, la gioia. Una gioia che Dio ancora non mi aveva dato la fortuna di vedere nei suoi occhi e dipinta nel suo volto. La gioia, quella vera, dopo aver ricevuto un qualcosa che le ha fatto realmente piacere, quella stessa gioia che, se tu chiedessi a lei, probabilmente avrà visto nei miei occhi ogni volta che ha avuto la possibilità di guardarmi da vicino. Quella gioia che in quell'attimo l'ha resa di nuovo bambina, una bambina in piena esaltazione, capace di non stare ferma un attimo, capace di gesticolare 6milioni di volte in un solo secondo, capace di indossare quel qualcosa mentre ancora era impacchettato; frenesia credo si chiami, io la intendo come gioia; la stessa gioia che provo io a ripensarci, perchè se lei è sempre bella, in questi 500giorni non l'avevo mai vista così bella e luminosa, e il merito era un po anche mio. Quindi magari racconterò della sua gioia, magari racconterò della mia, della mia voglia di lei, della voglia di non vederla riuscire ad aprire quella porta, o della sua arrampicata in uno di quei luoghi off-limits, di quel giro fatto su se stessa saltellando, della sua sicurezza nonostante l'altezza e la profondità del luogo, o della sua buffa capacità di nascondersi il viso per paura di essere assalita da uno stormo di colombe notturne, oppure ancora del suo modo di imitare il rap di ultima generazione, quello fatto di stupidi monologhi o di associazioni di parole senza un nesso tipo amore e capoeira.
Si si, racconterò di questo, di questa gioia che in fondo altro non è che un nuovo pezzo di quella matrioska che piano piano sto avendo la fortuna di scoprire; e poi non so cosa racconterò più avanti, spero avrò la fortuna di ricevere tanti altri spunti proprio da lei, ma di sicuro non mi fermerò.
Perdonami se non ti svelo nulla, anche se qualche altro particolare se ti impegni puoi coglierlo; perdonami se non sono riuscito a parlartene ma ho dovuto scriverti tutto questo trattato e ho dovuto fartelo leggere nonostante io sia qui seduto accanto a te; perdonami ma parlare di lei e di me quando c'è lei di mezzo mi viene difficile, mi si bloccano le parole, invece scrivere mi riesce meglio; perdonami, e anzi, per farmi perdonare meglio ti ho portato quel ciondolo che dicono sia un grosso porta fortuna; tienilo, e ogni tanto digli che porti un po di fortuna anche a me".
Mi girai verso di lui, mi guardava e aveva gli occhi un po lucidi. Gli diedi una pacca sulla spalla, lui si alzò, si accese un'altra sigaretta e se ne andò fumarla nascondendosi nel buio. Pensavo che la sua sensibilità venisse fuori solo nelle parole che scrive, e invece è umano anche lui.
Immaginavo di aver risolto il mistero, i presupposti mi avevano convinto che sarebbe stato così; rimasi con quel ciondolo e con la consapevolezza che ancora avrò da lavorare per trovare la soluzione.

domenica 9 settembre 2018

FELIZ CUMPLE MAMITA


3 SETTEMBRE 2018

Ho fatto tanti discorsi, fin qui: a dispetto della mia timidezza ho parlato con diversa gente, ho pulito situazioni in una lingua a me straniera con una padronanza tipica della gente del luogo, ho ritirato riconoscimenti, incassato complimenti. Ho scritto discorsi, pochi per me ma tanti per gli altri, ho parlato a qualcuno che ascolterà fra quasi un decennio ancora.In tutte queste occasioni, ammetto di non avere avuto sempre le idee chiare su cosa dire. Mentre sono sempre stato molto puntuale su cosa non dire. Una delle cose che "non ho detto" più spesso è "grazie Mamma". Ho sempre detestato voltare per la prima volta la copertina (rigorosamente dopo aver odorato il libro) e trovarla la: la mamma di qualcuno, formato dedica. Fra me e l'autore / autrice, la mamma. Che c’azzecca? Ho sempre detestato " l’uomo che non deve chiedere mai", con le mille tattiche da manuale sulle donne che puntualmente sono irretite dallo stratagemma, come topi che credono di scegliere ma sono solo dentro un sapiente labirinto di laboratorio che li condurrà solo dove qualcun altro vuole. Per poi dire: "scusa è mia mamma", correndo a rispondere a telefonate a qualsiasi ora, come fossero conferenze di Yalta convocate via etere. Ho sempre detestato un principio tanto evidente quanto dimenticato: sono qui, perché tu hai scelto così. Sono qui e per tutta la vita indosserò un nome che tu hai scelto, come un’etichetta marchiata a fuoco sul posteriore di un manzo. Non mi hai mai chiesto il permesso e dovrei pure esserne grato? Ho sempre detestato la tacita, accettata e tutto sommato celebrata, idea che continui ad essere un pezzo di corpo di tua madre anche dopo quel carcere lungo 9 mesi. Ho sempre detestato l’idea di avere un debito con qualcuno. Figurarsi con chi ti ha nutrito, pulito, protetto finché non sei stato in grado di farlo da solo. Ma soprattutto, ho sempre detestato quella sua capacità di esserci sempre, anche quando non la penso come lei vorrebbe. Anche quando ho desiderato il biasimo e la condanna, perché io mi ero già giudicato colpevole. Essermi accanto, con un oceano d’amore dentro il quale occorre abbandonarsi, per non rischiare di annegare in quella sua profondità. Le madri sono l’origine della più grande incoerenza, della contraddizione che rende l’Universo caotico: puoi essere sbagliato, lo sarai per te, lo sarai per tanti altri, magari lo sarai anche per lei, ma non per questo verrà meno il suo amore. Credo che questa somma incoerenza racchiusa dentro il significato di «Mamma», scompigli il mondo. Ne impedirà sempre l’ordine. Le mamme sono nemiche dell’ordine. Sono onde che vanno avanti e indietro incessantemente, senza una direzione pur avendo una direzione. E no, non scrivo questo per celebrare il mistero delle mamme, né per augurare loro qualcosa in un giorno diverso rispetto a quello a loro dedicato. Uso queste parole per dire “grazie” alla mia, di Mamma. Non per tutto quello che ha fatto, non per la tenacia, non per le idee che ha voluto trasmettermi, non perché mi ha reso quello che sono. Ma perché è sempre stata qui anche se io non ho mai fatto nulla come lei voleva; ed anche perché oggi, nel giorno della sua festa, per la prima volta (credo) sono lontano da lei e vorrei regalarle la parola che non le ho mai detto: GRAZIE!

Buon Compleanno!